La violenza sulle donne è un fenomeno complesso e trasversale a tutte le classi sociali e i livelli di istruzione, che intreccia fragilità personali della vittima a caratteristiche psicologiche dell’abusante, e che spesso si appoggia su una visione sbilanciata dei rapporti tra i sessi, dove l’uomo viene visto come superiore alla donna e, in base a questo, come legittimato ad avere un controllo sulle sue scelte, sul suo corpo e sulla sua vita.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, 1 donna su 3 ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della sua vita. In Italia sono 6 milioni 788 mila le donne tra i 16 e i 70 anni che hanno subito violenza (31,5% della popolazione generale).
Per il 21,5% delle donne la violenza psicologica prosegue anche dopo la fine della relazione, con comportamenti persecutori da parte di ex partner, sotto forma di stalking (dati Istat).
Generalmente partner, parenti o amici sono i responsabili della maggioranza delle forme gravi di violenza sia fisica che sessuale, degli abusi psicologici e dei comportamenti persecutori.
Spesso ciò che sta alla base di relazioni intime con partner violenti è una relazione di potere sbilanciata, dove la donna è dipendente dal partner.
Questa dipendenza può essere psicologica e affettiva, quando la donna ha paura di lasciare il compagno violento o crede di non poter riuscire a stare da sola, o può esprimersi come dipendenza economica, in tutti i casi in cui il compagno è l’unico a percepire un reddito o ad avere la proprietà dell’abitazione di residenza.
Questa situazione di disequilibrio si aggrava con la presenza di figli, per le preoccupazioni riguardanti la possibilità di poterli mantenere e seguire senza il padre, o perché le donne sono convinte che sia sempre meglio tutelare l’unità familiare a scapito della propria sicurezza.
In realtà i dati mostrano come, nella maggior parte dei casi, un uomo violento con la compagna sarà in qualche misura violento anche con i figli, segnando negativamente il loro sviluppo.
Tenendo conto di questi e altri fattori, per una donna vittima di violenza può diventare molto difficile allontanarsi dal partner abusante (per approfondimenti sui fattori che rendono difficile per una donna uscire dal circolo della violenza clicca qui).
Le conseguenze
La violenza domestica rappresenta un evento traumatico importante, e come tale può dare origine a una serie di conseguenze negative a breve e lungo termine.
La portata di tali conseguenze si aggrava considerando che, nella maggior parte dei casi, l’episodio di violenza non è un evento singolo, ma piuttosto fa parte di una serie di episodi ripetuti di maltrattamento all’interno di una relazione abusante che può durare anche per diversi anni: alla violenza fisica o sessuale vera e propria si aggiunge una più costante violenza psicologica, fatta di svalutazioni, umiliazioni, critiche, colpevolizzazioni e abusi emotivi, che mantengono la donna in una posizione di dipendenza attraverso la vergogna e l’annientamento della sua immagine come persona meritevole d’amore e in grado di agire efficacemente per raggiungere i suoi obiettivi.
Diverse ricerche negli anni hanno messo in luce come le donne maltrattate siano più a rischio di sviluppare disturbi psichiatrici quali disturbi d’ansia e attacchi di panico, disturbi depressivi e sintomi da stress post-traumatico, abbiano più facilmente una bassa autostima e si sentano impotenti e non in grado di agire in senso positivo sul loro ambiente.
Ai sintomi psicologici vanno aggiuntii sintomi psicosomatici: le donne vittime di violenza soffrono maggiormente di sindromi gastrointestinali (gastriti, mancanza di appetito, disturbi alimentari, sindrome del colon irritabile), disturbi del sonno, emicranie e disturbi dell’apparato genitale come vaginiti.
Nelle donne maltrattate, come conseguenza diretta del vivere in una condizione cronica di violenza, si instaura col tempo uno stile patologico di adattamento definito funzionamento post-traumatico, cioè uno stato di costante vigilanza, nel tentativo di intercettare segnali di pericolo di una nuova violenza, con la conseguenza di non avere energie da investire in altri aspetti della propria vita come il proprio benessere personale, la propria tutela o la cura dei propri figli.
Questo adattamento porta a sviluppare sintomi da stress post-traumatico come insonnia, esaurimento mentale, affaticamento, difficoltà di concentrazione, irritabilità e scoppi d’ira, sentimenti di disperazione e perdita di speranza, apatia e distacco emotivo.
Tutti questi aspetti ci fanno capire come l’uscita dalla violenza sia un percorso complesso, che non si limita all’allontanamento dal partner abusante ma comporta un lavoro approfondito di riparazione degli aspetti colpiti dal trauma e di ristrutturazione dell’immagine di sé e del modo di intendere le relazioni.
Verso l’uscita dalla violenza
I percorsi di sostegno alle donne vittime di violenza si articolano su più piani e offrono assistenza giuridica ed economica, oltre che medica e psicologica.
Nell’ambito dei percorsi di sostegno psicologico, assumono una rilevanza centrale i percorsi di empowerment per le donne vittime di abusi.
Con empowerment si intende un processo di crescita dell'individuo basato sull'incremento della stima di sé, dell'autoefficacia e dell'autodeterminazione per far emergere risorse latenti e portare l'individuo ad appropriarsi consapevolmente del suo potenziale.
Nel caso di maltrattamenti, i percorsi di empowerment permettono alle donne di uscire dalla posizione di vittime, offrendo strumenti per gestire in maniera efficace possibili rischi alla loro incolumità fisica e psicologica, per sviluppare le capacità di cogliere i segnali di pericolo nell’ambiente circostante, di progettare strategie funzionali per chiedere aiuto e mettersi in uno stato di sicurezza e di creare relazioni positive e degne di fiducia.
Le donne vengono informate in materia giuridica, permettendo loro di essere consapevoli della perseguibilità degli abusi subiti, di conoscere i loro diritti e di sfruttare le risorse disponibili nel loro territorio per tutelarli (supporto sociale ed economico offerto alle vittime di violenza dagli organi statali, possibilità di trovare alloggio in case protette per donne vittime di violenza e in centri antiviolenza, possibilità di richiedere tutela legale).
Un fattore importante per ridurre il rischio di ri-vittimizzazione è rappresentato dal lavoro psicoerapeutico volto alla comprensione, da parte delle donne, delle dinamiche disfunzionali della relazione abusante in cui erano coinvolte, modificando la convinzione distorta di essere colpevoli delle violenze subite e permettendo loro di prendere le distanze dal loro carnefice.
Spesso portare avanti questo percorso per le donne maltrattate significa affrontare esperienze traumatiche di abusi subiti nell’infanzia.
Diverse ricerche hanno messo in luce come gran parte delle donne che diventano vittime di partner abusanti siano state bambine cresciute in ambienti familiari segnati dalla violenza, subita direttamente o osservata mentre veniva compiuta sulle loro madri, sviluppando la convinzione che questa sia un aspetto normale di ogni relazione intima, aumentano il rischio di essere vittime della stessa una volta diventate adulte.
Affrontare in un’ottica di empowerment tutti questi aspetti insiti nella complessità dell’abuso permette alle donne, da una parte, di intervenire in senso riparativo sui sintomi conseguenti all’abuso e al trauma e, dall’altra, di riacquistare fiducia in se stesse e nelle proprie capacità, conquistando un’immagine di sé come donna degna di amarsi ed essere amata, in grado di agire efficacemente sul proprio ambiente di vita per raggiungere benessere e soddisfazione personale, per sé e i suoi figli.
Chiedere aiuto
Parlarne con qualcuno può salvarti la vita: chiedi aiuto.
Cercare un supporto può aiutarti ad uscire dalla situazione di violenza, a ritrovare speranza e fiducia in te stessa.
Cambiare si può, se sei vittima di violenza o conosci una donna vittima di violenza chiama i numeri verdi gratuiti:
- 1522: numero nazionale di ascolto e sostegno a vittime di violenza e stalking
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