In questi mesi di emergenza sanitaria, il dibattito pubblico si è arricchito di un termine preso in prestito dal vocabolario psicologico.
Il concetto di resilienza è entrato nell'uso comune, diventando quasi un motto della pandemia e può essere definito come la capacità di un individuo di generare fattori biologici, psicologici e sociali che gli permettano di adattarsi a fronte di una situazione critica e di superarla.
Essere resilienti, tuttavia, è solo uno dei modi in cui gli individui e le comunità riescono a superare postivamente gli eventi critici.
L'ultima discesa
Eric LeMarque era stato una promessa dell'hockey, ma la sua carriera aveva risentito pesantemente di intemperanze caratteriali e di una profonda (e in seguito riconosciuta) difficoltà di impegnarsi davvero per il miglioramento delle sue prestazioni.
Di sé stesso LeMarque dice “Arrivai alla National Hockey League (NHL) solo col talento. Non ho mai davvero lavorato duro. Quando la squadra di Boston mi diede un libro sul passaggio dalle leghe minori alla NHL, da leggere durante il training camp, non lo aprii nemmeno”.
Questo atteggiamento lo allontanò dalla lega professionistica americana e lo fece approdare in Francia. Con la nazionale arrivò alle olimpiadi invernali, ma nel 1999 la sua carriera si concluse.
Il ritiro dal campo fu un colpo emotivamente difficile da sopportare per l'atleta americano, che necessitava di un continuo flusso di sensazioni forti per sentirsi capace di mantenere il suo equilibrio.
Eric trovò gli stimoli che cercava nello snowboard e nella metanfetamina da cui divenne dipendente, venendo per quest'ultima arrestato e mandato a processo.
Quando nel 2004 non si presentò all'ultima udienza, si pensò all'ennesimo “colpo di testa”.
In realtà, mentre era atteso in aula, Eric si trovava disperso sulla Mammoth Mountain, in California,lottando per la sopravvivenza a 20 gradi sottozero.
Non è dunque per le sue imprese sportive che LeMarque è divenuto celebre: la partita che l'ha fatto conoscere anche ai non appassionati di hockey fu quella che combattè contro il freddo negli otto giorni della sua odissea, prima di essere ritrovato dai soccorritori.
La storia è raccontata nel libro “L'ultima discesa” (“6 below zero”, nella versione originale), poi diventato un film.
LeMarque, coerentemente con alcuni suoi tratti di personalità - probabilmente esacerbati dagli effetti delle massicce quantità di droghe che assumeva - si avventurò sulle montagne ignorando le più elementari misure di cautela.
Era solo, fuori dalle piste e lontano da tutti, non aveva lasciato indicazioni a nessuno su dove si fosse recato, non aveva cibo né acqua, non aveva alcuna protezione dal freddo oltre ai vestiti che indossava e portava in tasca solo pochi fiammiferi umidi che non gli avrebbero mai permesso di accendere un fuoco. Aveva con sé un telefono cellulare quasi scarico. Non aveva portato una mappa della zona né strumenti per orientarsi. Inoltre, ignorò gli avvertimenti delle autorità locali, non tenne conto del meteo che prevedeva l'arrivo di una imponente tempesta e ignorò i segnali che avvertivano del pericolo di avventurarsi fuori dalle piste.
La ricetta perfetta per un disastro, che si concretizzò quando la tempesta che si abbattè sull'area gli fece perdere completamente l'orientamento, lasciandolo disperso a 3000 metri di quota.
Eric sopravvisse, riuscì a farsi trovare dai soccorritori e venne portato in salvo, ma quegli interminabili 8 giorni di freddo gli costarono entrambe le gambe, amputate a seguito delle cancrene prodotte dalla gravissima ipotermia.
La sua vita cambiò, dunque, ma non solo per la perdita delle gambe.
L'anno dopo era già sulle piste, cavalcando di nuovo la sua tavola da snowboard grazie alle protesi cui si era rapidamente adattato, e in breve tempo uscì anche dalla tossicodipendenza
Oggi LeMarque è un imprenditore e gira gli Stati Uniti incontrando migliaia di studenti a cui racconta la sua storia di sopravvivenza e di rinascita: "Trovare la mia via d'uscita da quell'oscurità è stato davvero gratificante. Ora vivo la mia vita per le altre persone che possono trarre ispirazione dalla mia vicenda sulla montagna, ma anche da ciò mi è successo dopo aver perso le gambe e, naturalmente, dalla mia storia di dipendenza".
Resistenza o Resilienza?
La vicenda di LeMarque sulle montagne della California è senza dubbio un esempio di resistenza: Eric ha stretto i denti, si è aggrappato all'istinto di sopravvivenza, ha usato la rabbia come motore dei suoi passi e forte dell'esperienza di sportivo ha sopportato condizioni di fatica e dolore che avrebbero abbattuto in poche ore la maggior parte di noi.
La sua storia personale fino a quel momento, tuttavia, non era stata quella di un individuo resiliente.
La sua difficoltà ad adattarsi ai nuovi contesti era stata più volte un ostacolo e la fine della carriera da sportivo professionista aveva rappresentato un cambiamento troppo radicale, che Eric non era riuscito a elaborare, trovandosi incastrato in uno stallo esistenziale che aveva cercato di risolvere con l'uso di droghe e la spasmodica ricerca di sensazioni forti nello snowboard sempre più estremo: “ero dipendente da due polveri: la neve e la metanfetamina” - dirà in seguito.
LeMarque, tutt'altro che resiliente, non era riuscito ad adattarsi ed era finito in un loop autodistruttivo da cui, paradossalmente, uscì solo in seguito alla sua avventura sulla montagna.
La crescita post-traumatica
Negli anni '90, gli psicologi americani Richard Tedeschi e Lawrence Calhoun, svilupparono la teoria della crescita post-traumatica (Posttraumatic Growth, PTG), suggerendo che alcune persone possono emergere da eventi traumatici e avversità raggiungendo una trasformazione radicale, una vera e propria sfida alle convinzioni e ai comportamenti precedenti al trauma, che le rende diverse rispetto a prima.
Ricerche condotte su numerosi disastri hanno dimostrato che esistono diverse traiettorie per il recupero. A seguito di un evento critico, alcune persone avranno bisogno di tempo per riprendersi dal trauma prima di tornare alla loro vita normale.
Purtroppo alcuni sperimenteranno impatti negativi sulla salute mentale che necessiteranno di lunghe terapie, ma la maggior parte delle persone si riprenderà da un trauma abbastanza rapidamente, mostrando una resilienza che permetterà di tornare al precedente livello di funzionamento in tempi relativamente brevi.
La resilienza e la crescita post-traumatica non sono però la stessa cosa.
In effetti, gli individui resilienti che si riprendono rapidamente da una battuta d'arresto non sono di norma quelli che sperimentano un cambiamento radicale.
Piuttosto, le persone che sperimentano una crescita post-traumatica sono quelle che, meno abili ad adattarsi, sopportano dei conflitti cognitivi ed emotivi così profondi da portarle quasi al punto di rottura, per poi riemergere trasformate.
Gli studi suggeriscono che la crescita non si verifichi come conseguenza diretta del trauma; piuttosto, è la lotta dell'individuo con la nuova realtà all'indomani del trauma che è cruciale nel determinare la misura in cui avviene la crescita post-traumatica.
Tedeschi e Calhoun hanno identificato cinque dimensioni coinvolte nella crescita post-traumatica.
Forza personale
Nuove prospettive e riorganizzazione delle priorità
Relazioni con gli altri
Apprezzamento della vita
Cambiamento spirituale
I ricercatori hanno quindi sviluppato un questionario che indaga le variazioni in queste aree a seguito di un evento traumatico.
L'obiettivo è quello di studiare queste esperienze e trarne degli strumenti utili a prevenire i disturbi post-traumatici, aiutando le vittime di esperienze traumatiche.
In particolare, si sta indagando su quali siano i fattori protettivi psico-sociali che predispongono un individuo a sviluppare una crescita post-traumatica piuttosto che un disturbo post-traumatico, e quindi come integrarli nella prevenzione e nella cura di questi disturbi.
In Addio alle armi, Ernest Hemingway scrisse: "Il mondo spezza tutti quanti e poi molti sono forti proprio nei punti spezzati".
Lo studio della crescita post-traumatica cerca di capire come, in alcune persone, i punti di rottura su cui il mondo si è accanito siano diventati i punti di forza che hanno permesso di trasformare un trauma in un'occasione di crescita esistenziale.
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